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Raccontare lo spazio - NL n.° 1


 

Lo spazio: senza, non potremmo vivere, fare, pensare. Ci sono tanti tipi di spazio: fisico, vitale, verde, mentale, immaginifico. E tanti modi di raccontarlo, dirlo, impararlo.

Per spaziare, abbiamo bisogno di spazio.

 

Mappa

Piatta come il tavolo

Su cui è posata.


Sopra di lei niente si muove


Né muta posto.


Sopra di lei il mio respiro umano


Non crea vortici d’aria


Né sfuma affatto i suoi nitidi colori.


Perfino i mari sono sempre amichevolmente turchini


sui suoi bordi sdruciti.


Qui tutto è piccolo, accessibile, vicino.


Con la punta dell’unghia posso schiacciare vulcani,


accarezzare i poli senza spessi guanti,


con una sola occhiata


posso abbracciare ogni deserto


assieme ad un fiume proprio qui accanto.


Le foreste sono indicate da pochi alberelli

In mezzo a cui è impossibile perdersi.

A est e a ovest


Sopra e sotto l’equatore


Si sgrana il silenzio,


E dentro ogni seme nero


Gente che vive.


Niente fosse comuni e macerie improvvise 
in questo quadro.


I confini tra paesi sono appena visibili,


come se esitassero: – essere o non essere?


Amo le mappe perché mentono


Perché non ammettono le verità aggressive


Perché con magnanimo e bonario humor


Mi dispiegano sul tavolo un mondo


Non di questo mondo.

Wisława Szymborska

 

 

Zaira

 

Inutilmente, magnanimo Kublai, tenterò di descriverti la città di Zaira dagli alti bastioni.

Potrei dirti di quanti gradini sono le vie fatte a scale, di che sesto gli archi dei porticati, di quali lamine di zinco sono ricoperti i tetti; ma so che già sarebbe come non dirti nulla.

Non di questo è fatta la città, ma di relazioni tra le misure del suo spazio e gli avvenimenti del suo passato: la distanza dal suolo d’un lampione e i piedi penzolanti d’un usurpatore impiccato; il filo teso dal lampione alla ringhiera di fronte e i festoni che impavesavano il percorso del corteo nuziale della regina; l’altezza di quella ringhiera e il salto dell’adultero che la scavalca all’alba; l’inclinazione d’una grondaia e l’incedervi d’un gatto che s’infila nella stessa finestra; la linea di tiro della cannoniera apparsa all’improvviso dietro il capo e la bomba che distrugge la grondaia; gli strappi delle reti da pesca e i tre vecchi che seduti sul molo a rammendare le reti si raccontano per la centesima volta la storia della cannoniera dell’usurpatore, che si dice fosse un figlio adulterino della regina, abbandonato in fasce lì sul molo.

Di quest’onda che rifluisce dai ricordi la città s’imbeve come una spugna e si dilata.

Una descrizione di Zaira quale è oggi dovrebbe contenere tutto il passato di Zaira.

Ma la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d’una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, negli scorrimano delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere, ogni segmento rigato a sua volta di graffi, seghettature, intagli, svirgole.

 

I. Calvino, Le città invisibili,1972

 

 

 

 

Intrecci di spazi. Dallo spazio reale al racconto immaginifico.

 

Gli alunni della nostre classi vivono e provengono da spazi spesso lontani, diversi. Immaginari, quasi, per chi non li conosce. Allo stesso modo i bambini di origine straniera cercano, talvolta, un legame tra il luogo del vivere attuale e quello di nascita o provenienza familiare. Per sentirsi confermati nella propria identità, per non dimenticare, per continuare la ricerca  di se stessi.

E anche la letteratura può essere d’aiuto in questo cammino.

 

 

Il piccolo principe

 

-Anch’io ho sete… cerchiamo un pozzo…- disse il piccolo principe.

Ebbi un gesto di stanchezza: è assurdo cercare un pozzo, a caso, nell’immensità del deserto. Tuttavia ci mettemmo in cammino.

Dopo aver camminato per ore in silenzio, venne la notte, e le stelle cominciarono ad accendersi.(…)

-Il deserto è bello- soggiunse.

Ed era vero. Mi è sempre piaciuto il deserto. Ci si siede su una duna di sabbia. Non si vede nulla. Non si sente nulla. E tuttavia qualche cosa risplende in silenzio…

-Ciò che abbellisce il deserto, - disse il piccolo principe – è che nasconde un pozzo in qualche luogo…

(…) E così, camminando, scoprii il pozzo al levar del sole. Il pozzo che avevamo raggiunto non somigliava ai pozzi sahariani.

I pozzi sahariani sono dei semplici buchi scavati nella sabbia. Questo assomigliava a un pozzo di villaggio. Ma non c’era alcun villaggio intorno, e mi sembrava di sognare.

-È strano, - dissi al piccolo principe – è tutto pronto: la carrucola, il secchio e la corda…

Rise, toccò la corda, mise in moto la carrucola. E la carrucola gemette come geme una vecchia banderuola dopo che il vento ha dormito a lungo.

-Senti, - disse il piccolo principe – noi svegliamo questo pozzo e lui canta…

 

A. De Saint-Exupéry, Il Piccolo Principe, 1946

 


 

A novembre scorso ho proposto ai bambini che seguono le attività alternative una serie di libri tra i quali scegliere quello che avremmo letto. Si tratta di due gruppi di tre alunni ciascuno e, a parte un italiano,  provengono da: Bangladesh, Burkina Faso, Cina e Kosovo. 

Temevo che  “Il Piccolo Principe” fosse una lettura troppo impegnativa, ma avevo scoperto negli alunni una forte motivazione a conoscere realtà diverse da quelle in cui vivono attualmente. 

”Il Piccolo Principe” è stato scelto senza incertezza per diversi motivi. Conoscevano già il personaggio da un cartone animato trasmesso in televisione e i bambini provenienti dall’Africa erano curiosi di sentire cosa si dicesse del deserto del Sahara. Inoltre i genitori di questi ultimi parlano francese e la nazionalità dell’autore faceva sentire loro più vicina l’opera. 

Lo scorso anno, dopo la lettura di fiabe da tutto il mondo, avevamo svolto una ricerca sulle caratteristiche dei loro paesi d’origine, su usi e costumi, clima e prodotti. Il lavoro è stato per loro estremamente gratificante e, comunicare ai compagni quello che avevano letto, ha fatto sentire meno la frattura tra l’Italia e il paese dei loro genitori; tra loro e i compagni che seguono la lezione di religione cattolica.

Anche quest’anno per concludere il lavoro i bambini hanno presentato il PowerPoint di sintesi del libro al resto della classe.

Abbiamo impiegato circa due mesi: la lettura si teneva all’inizio di ogni lezione settimanale di due ore. Poi i bambini facevano un disegno o approfondivano alcuni temi toccati con l’uso assistito di Internet.

La lettura è stata fatta un po’ dall’insegnante e a turno dai bambini. È stato dato largo spazio a domande e chiarimenti, anche sul lessico.

Abbiamo visionato su YouTube dei video riguardanti “il Piccolo Principe”.

 

Ins. Vanna Casellato, I.C. Carbonera (TV)

 

 

Leggi il racconto sfogliabile realizzato dai bambini