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Ho visto un film NL n.° 12


 

  • Brian Percival, La ladra di libri, 2014, USA
 
Ambientato in Germania tra il 1938 e il 1945. La piccola Liesel viene affidata dalla madre ai coniugi Hubermann. Non ha mai frequentato la scuola e non sa leggere. Sarà il padre adottivo a insegnarglielo. Durante la guerra, Liesel si confronta con la persecuzione ebraica, quando i nuovi genitori nascondono in casa Max, un giovane ebreo, che condivide con lei l'amore per i libri. Insieme leggono i romanzi che lei salva dai roghi nazisti o ruba dalle biblioteche delle case. Per entrambi l’immaginazione diventa l’unico modo per sfuggire all’orrore che si scatena intorno a loro. Ispirato al bestseller di Markus Zusak “La bambina che salvava i libri”.
 
Leggi l'intervista al regista di Arianna Finos: "Donne che guardano dentro l'olocausto"

 

  • Pepe Danquart, Corri ragazzo corri, 2015, Germania, Francia, Polonia
 
“Dimentica il tuo nome, ma non dimenticare mai che sei ebreo!”. Tratto dal libro di Uri Orlev, il film narra i due anni passati da Yoram Friedman tra le foreste della Polonia, all’età di nove anni. Nel 1943, separatosi dalla famiglia per sopravvivere, supera le insidie dei boschi, caccia per nutrirsi e cerca ospitalità e lavora nelle fattorie. Il film è una storia di formazione di un bambino che mette alla prova se stesso respingendo la sua vera identità e reinventandosi come orfano cattolico polacco pur di sopravvivere, ma che non perde, tuttavia, la speranza e la fiducia nel prossimo.
 

 

  • Liev Schreiber, Ogni cosa è illuminata, 2005, USA
 
Liev Schreiber e Jonathan Safran Foer ebreo americano: due esordiente l’uno nel cinema, l’altro nella  letteratura.
Un'opera prima illuminante e illuminata come "ogni cosa" nel titolo che lavora sui registri del tragico e del comico.
I protagonisti: un giovane ebreo americano alla ricerca di chi ha salvato suo nonno dalla furia nazista; il suo traduttore ucraino dalla parlata particolare e il nonno, vecchio burbero nonché autista “cieco”.
Un viaggio nella vastità di pianure e campi di girasole ucraini si trasforma in un'esperienza sorprendente verso un luogo che sopravvive soltanto nell'anima di chi ne ha pazientemente raccolto e conservato le tracce. "Casomai".
 
 
 
 
 
  • Mick Jackso, La verità negata, 2016, USA
 
Il film racconta il processo a cui fu sottoposta la ricercatrice Deborah Lipstadt denunciata per diffamazione da David Irving, storico antisemita  attaccato dalla Lipstadt per la sua negazione dell’Olocausto.  Nel processo gli avvocati della Lipstadt devono  provare, oltre ogni ragionevole dubbio, l’esistenza delle camere a gas in virtù di un disegno per l’uccisione in massa degli ebrei d’Europa e l’intenzionalità dolosa  di Irving che afferma il contrario. E decidono di farlo senza ascoltare i sopravvissuti.  Per non sottoporli al controinterrogatorio di Irving. Che li avrebbe umiliati e utilizzati contro loro stessi.
L’andamento del processo proverà che hanno visto giusto.
 
 
 
 
 
  • Ruggero Gabbai, Memoria, 1997, Italia
 
“Memoria” è stato realizzato da Ruggero Gabbai nel 1997, girato fra i vicoli del ghetto di Roma, le calli di Venezia, il carcere di San Vittore, di Regina Coeli, Auschwitz. Prima del film, a monte il lavoro dei due autori, Marcello Pezzetti e Liliana Picciotto della Fondazione CDEC, che hanno fatto uscire dal silenzio 90 dei sopravvissuti ebrei italiani ai campi di sterminio – quelli che ritroviamo poi nel film.
Un lavoro lento, costruito giorno per giorno, basato innanzitutto sulla conquista della fiducia di chi per anni aveva preferito non raccontare e tenere per sé, quel che aveva visto, vissuto, provato.
 
 
 
Altri contributi
 
 
 
 
  • Andrea Minuz, La Shoah e la cultura visuale. Cinema, memoria, spazio pubblico
 
A. Minuz affronta il rapporto tra la Shoah e le immagini usate per rappresentarla.
Il volume si sviluppa in cinque capitoli. Il primo è dedicato alle questioni di metodo. Nel secondo capitolo è indagato il rapporto tra le immagini dei campi e la loro riappropriazione mediale da parte di vari attori sociali. Il terzo capitolo si occupa dell’americanizzazione dell’Olocausto mettendo in evidenza vari fenomeni cultuali. Nel quarto capitolo viene studiato il dibattito sulla rappresentabilità/irrapresentabilità dell’Olocausto. Il quinto capitolo contiene un’analisi socio culturale  e testuale di Shindler’s List. Chiude il volume un’appendice sul progetto per il museo della Shoah di Roma.
 
 
 
 
 
  • Andrea Minuz, Guido Vitiello (a cura di), La Shoah nel cinema italiano, 2013, Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino Editore, pp. 222
 
I vari saggi che compongono il libro si interrogano sul ruolo svolto dal cinema e dalla televisione, coprendo un arco che va dai primi film e documentari, oggi pressoché sconosciuti, ai successi internazionali come La vita è bella, dalla ricezione dei grandi film americani, come Schindler's List, ai meno studiati generi "autoctoni" come quello che ha mescolato, fin dagli anni Settanta, erotismo e nazismo. Forme del racconto eterogenee che hanno attraversato la cultura italiana e che, di volta in volta, hanno intrecciato il discorso sulla Shoah ai grandi nodi della rimozione collettiva, dell’antifascismo, dell'identità cattolica, dei persistenti fantasmi dell'eredità mussoliniana.
 
 
 
 
 
  • Possiamo fidarci delle immagini nella nostra ricerca di verità storica?
A proposito di “A Film Unfinished” di Yael Hersonski.
Laura Fontana
 
Quanto possiamo fidarci delle immagini storiche per assumere quella rappresentazione come autentica e vera? Ma soprattutto quanto possiamo fidarci dei nostri occhi per vedere, oltre il guardare, che dietro la rappresentazione di una realtà può celarsene un’altra completamente diversa? Questo contributo tratta del rapporto che intratteniamo con le immagini di archivio della Shoah, prendendo come caso di studio A Film Unfinished, documentario che Yael Hersonski ha realizzato nel 2010 da un film incompiuto, girato dai nazisti nel ghetto di Varsavia nel 1942 e ritrovato tra il 1954 e il 1998 con vicende che ne hanno messo in luce l’intenzionalità criminale.
 
 
 
 
  • Giampiero Frasca Tre sguardi sulla Shoah
 
Un'uscita concomitante sugli schermi italiani offre l'opportunità per una riflessione sull'attuale valore narrativo della memoria. Di quella memoria. Che non può non essere condivisa e che non può ritenersi esclusiva. Il labirinto del silenzio, Il figlio di Saul e Una volta nella vita, pur circolando in Europa e tra i vari festival da qualche tempo (più di un anno, nel caso del primo e del terzo film), escono a ridosso del 27 gennaio e autorizzano alcune considerazioni incrociate, possibili in virtù del tema comune, della coincidenza della presentazione al pubblico italiano e dell'eventuale scopo didattico per cui potrebbero essere utilizzati.