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Parole da non perdere NL n.° 11


 
"Puoi mangiare una mela" dissi porgendogli il frutto.
Sembrava che non ne avesse mai viste in vita sua: per un po' rimase incantato ad annusarla, poi si fece coraggio e le diede un morsettino.
"Gnam, gnam" disse con la bocca piena.
"È buona?" domandai.
Lui fece un profondo inchino.
Volevo sapere che gusto avesse una mela quando la si assaggiava per la prima volta, e insistei:
"Ti è piaciuta?"
Mika si inchinò a ripetizione.
"Perché fai l'inchino?"
Ora fu lui a rimanere sbalordito. Credo non sapesse se doveva fare un altro inchino oppure limitarsi a rispondere.
"Nel posto da cui vengo ci inchiniamo sempre quando qualcuno fa una domanda acuta" spiegò. "E più profonda è la domanda, più profondo è l'inchino".
Non avevo mai sentito una cosa tanto strana: non riuscivo a capacitarmi che una domanda dovesse meritare un inchino.
"E allora quando dovete salutarvi come fate?"
"Cerchiamo di escogitare qualcosa di intelligente da domandare" rispose.
"E perché?"
Fece un rapido inchino dato che gli avevo rivolto un'altra domanda, poi spiegò:
"Cerchiano di pensare qualcosa di intelligente da domandare in modo da far inchinare l'altro".
Fui talmente colpito da quella risposta  che, senza volerlo, mi inchinai profondamente. Quando alzai lo sguardo, Mika si era infilato il pollice in bocca. Se lo tolse dopo un bel po'.
"Perché hai fatto l'inchino?" mi chiese allora quasi offeso.
"Perché hai risposto in modo molto intelligente alla mia domanda" spiegai.
Allora Mika con voce limpida e chiara scandì alcune parole che non ho più dimenticato:
"Una risposta non merita mai un inchino: per quanto intelligente e giusta ci possa sembrare, non dobbiamo mai inchinarci a una risposta".
Annuii con un cenno della testa, pentendomi immediatamente perché Mika poteva pensare che mi ero inchinato alla sua risposta.
"Chi si inchina si piega" continuò Mika. "Non devi mai piegarti davanti a una risposta".
"E perché no?"
"Una risposta è il tratto di strada che ti sei lasciato alle spalle. Solo una domanda può puntare oltre".
 
(Jostein Gaarder, C'è nessuno?, Salani, Milano, 1997)