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Traccia / Tracce NL n° 14


Traccia / Tracce
 
 
Nicolò, 3 anni
 
 
Andar per tracce.
Un po’ come andar per funghi, sostiene lo storico Matteo Melchiorre. Ci  vogliono naso, passione, conoscenze  e  un gruzzolo di competenze che si affinano nel tempo e con l’esperienza.
Così anche per le tracce del passato più lontano.  Ce lo ricorda l’archeologa Patrizia Manessi.  E Roberto Pittarello, artista  e docente, ci dice dell’importanza di costruire, a partire da una traccia e  un segno, disegni e significati molteplici. Ciascuno mettendo se stesso in gioco.
Si può insegnare a lavorare con le tracce a scuola ?
E’ ciò che crediamo e  cerchiamo di raccontare in questo numero.
Con un’avvertenza: le tracce non riguardano solo il passato, ma soprattutto il futuro.
Leggere e lasciare tracce per il futuro potrebbe essere il compito, o almeno uno dei compiti, dell’insegnare e dell’apprendere.
 
 
 
 
 
Un vecchio signore a Cividale
Insegnava la storia al suo maiale
Di Cesare, Cleopatra e Magellano
Tutto sapeva quel porco friulano
 
Perduta poi ogni sua traccia, ogni sua vista
Si disse: invaghito per sempre d’una archivista
 
                                                                                                                      T. Scialoja Versi del senso perso
 
 
     
 
 
La traccia  più recente.... Ma anche la più antica di una mosca
 
 
 
 
 
L’hanno scovata tra decine di migliaia di pezzi di resina fossile raccolti dall’entomologo David Grimaldi e depositati presso l’American Museum  of  Natural History  di New York.
A capire che si trattava del primo fossile di mosca mai rinvenuto è stato il gruppo di ricerca internazionale guidato da Pierfilippo Cerretti – Dipartimento di Biologia e Biotecnologie - Un. della Sapienza Roma.
Il fossile proviene dalla Repubblica Dominicana ed è stato sottoposto a esami sofisticati e Tac che ha fornito interessantissimi dettagli anatomici che ne hanno permesso l’individuazione.
Si tratta di un oestroideo, uno di quei mosconi grigio-azzurri che bazzicano la carne per intendersi e svolgono il prezioso ruolo di decompositori della materia organica– precisa Pierfilippo Ceretti- Siamo certi che questo gruppo esisteva da molto più tempo, ma questo è il reperto più antico e, di fatto, l’unico al mondo”
È difficile concepire oggi un mondo senza le noiose mosche,- sottolinea il ricercatore –chissà chi c’era prima di loro. Chi prenderebbe il loro prezioso posto di efficaci impollinatori e decompositori della materia organica?  Per gli Oestroidei, il gruppo ecologicamente più diversificato e ricco di specie tra i Calittrati non erano noti fossili fino ad oggi”.
 
 
 
 
 
La prima camminata dell’umanità
 
 
 
A Laeotoli, in Tanzania, 3,6 milioni di anni fa. Nel tufo settanta orme in fila: tre individui di Australopithecus afarensis (la stessa specie della famosa Lucy) imprimono  su uno strato di ceneri vulcaniche umide  le loro tracce, che poi si fossilizzano a futura memoria della più antica camminata di un nostro antenato mai scoperta finora.
 
 
 
 
 
Dalle tracce del cacciatore paleolitico a quelle dello storico
 
 
 
 
Per millenni l’uomo è stato cacciatore. Nel corso di inseguimenti innumerevoli ha imparato a ricostruire le forme e i movimenti di prede invisibili da orme nel fango, rami spezzati, pallottole di sterco, ciuffi di peli, piume impigliate, odori stagnanti. Ha imparato a fiutare, registrare, interpretare e classificare tracce infinitesimali come fili di bava. Ha imparato a compiere operazioni mentali complesse con rapidità fulminea, nel fitto di una boscaglia o in una radura piena d’insidie.
Generazioni e generazioni di cacciatori hanno arricchito e trasmesso questo patrimonio conoscitivo.
In mancanza di una documentazione verbale da affiancare alle pitture rupestri e ai manufatti, possiamo ricorrere ai racconti di fiabe, che del sapere di quei remoti cacciatori ci trasmettono talvolta un’eco, anche se tardiva e deformata. Tre fratelli (racconta una fiaba orientale, diffusa tra chirghisi, tatari, ebrei, turchi...) incontrano un uomo che ha perso un cammello — o, in altre varianti, un cavallo. Senza esitare glielo descrivono: è bianco, cieco da un occhio, ha due otri sulla schiena, uno pieno di vino, l’altro pieno d’olio. Dunque l’hanno visto? No, non l’hanno visto.
Allora vengono accusati di furto e sottoposti a giudizio. E, per i fratelli, il trionfo: in un lampo dimostrano come, attraverso indizi minimi, abbiano potuto ricostruire l’aspetto di un animale che non avevano mai avuto sotto gli occhi.(…)
 Carlo Ginzburg, Miti, emblemi, spie. Morfologia e storia, 1986
 
 
 
 
L'andar sulle tracce
 
 
 
 
Un muratore ha lavorato per un mese vicino a casa mia. Una volta, avendo visto che il sole - era estate - batteva forte sulle impalcature, sono andato a portargli una birra da frigo. E’sceso giù, si è seduto all'ombra del ponteggio e ha cominciato a raccontarmi come si fa questo e come si fa quello; problemi di cantiere, difficoltà specifiche, geniali intuizioni; quella volta del garage sotterraneo in via Dolci, quell' altra della villa del dottor Cian e quell' altra ancora del restauro giù in centro. E a me che stupivo, di fronte a tanta epica: «Cosa ti credi?», mi disse. «Fare il muratore non è la casa finita». E’gettare le fonde. Issare le travi del tetto. Fare i cappelli alle finestre. Mettere i davanzali. Far su i muri e sprizzarli. Discutere col geo­ metra. Mettere l'abete sul colmo una volta che sia raggiunto. E lavori infiniti che pure van fatti: piantare chiodi e poi estirparli, raccogliere gli scarti, spaccare mattoni, segnare livelli, fare la punta alla matita, misurare, tirar dritto il bitume con la stadia, disporre il ferro antisismico, e ogni giorno su e giù con qualcosa; secchi di malta, cassamatte, martelline.
Il cantiere anziché la casa. Questa è l'idea. L'indagine storica è un'esplorazione fatta di viaggi, carte, libri, sbagli, persone, pensieri, fantasie. In questo processo sensibile vi è forse più verosimiglianza di verità che nella secca enunciazione di risultanze distillate. Vorrei far capire a chi non si occupa di storia quanto 1'andar sulle tracce di cose trascorse faccia sentir vivi e aiuti a sentirsi parte di un tutto e amici del presente.
 
M. Melchiorre, La strada di Schenér, 2016
 
 
 
 
Traccia, archivio, potere
 
 
 
 
 
Il questa pagina il filosofo francese Jacqes Derrida, dialogando con J. M. Rodes, approfondisce il concetto di traccia (tutto è traccia) in rapporto al concetto di archivio: “Non vi è archivio senza traccia, ma non ogni traccia è un archivio nella misura in cui l'archivio presuppone non soltanto una traccia, ma anche che la traccia sia appropriata, controllata, organizzata, politicamente sotto controllo”.
J.D.: ll concetto di traccia è talmente generale che, invero, non vedo il suo limite. Per dire le cose assai velocemente: molto tempo fa avevo tentato di elaborare un concetto di traccia che fosse appunto senza limite, vale a dire molto al di là di ciò che chiamiamo la «scrittura» o l'iscrizione su un supporto conosciuto. A mio avviso vi è traccia da quando vi è esperienza, cioè rimando a dell'altro, differenza, rimando ad altra cosa, ecc. Dunque, ovunque vi è esperienza vi è traccia, e non vi è esperienza senza traccia. Quindi tutto è traccia, non soltanto ciò che scrivo sulla carta o ciò che registro in una macchina, ma anche quando faccio questo gesto vi è traccia. Vi è solco, ritenzione, protensione, e dunque rapporto con dell'altro, con l'altro o con un altro momento, un altro luogo, rimando all'altro, vi è traccia. Il concetto di traccia - lo dico in una parola perché richiederebbe lunghi approfondimenti - non ha limite, è coestensivo all'esperienza dell'essere vivente in generale. (...)
J. Deridda, Pensare al non vedere. Scritti sulle arti del visibile (1979-2004), 2016
 
 
 
 
 
Paysage
 
Elena, 9 anni
 
Il difetto del paesaggio americano non è tanto, come vorrebbe l'illusione romantica, l'assenza di ricordi storici, quanto il fatto che la mano non vi ha lasciato alcuna traccia. Ciò non riguarda soltanto l'assenza di campi, i boschi incolti, e spesso bassi e cespugliosi, ma soprattutto le strade. Queste si proiettano dovunque senza mediazione nel paesaggio, e quanto più sono ampie e lisce, e tanto più violento e irrelato spicca il loro nastro scintillante sull'ambiente troppo selvaggio. Esse non hanno espressione. Come ignorano le orme dei passi e delle ruote, i dolci tratturi lungo i margini come passaggio alla vegetazione, i sentieri che scendono ai lati nella valle, mancano di quel non so che di mite, morbido, smussato, delle cose su cui hanno agito le mani o i loro strumenti immediati. E’come se nessuno avesse ravviato i capelli alla campagna. Essa è sconsolata e sconsolante. A ciò corrisponde il modo della sua percezione. Ciò che l'occhio frettoloso ha visto dall'automobile, non può essere conservato, e, come ogni traccia in esso sparisce, così esso sparisce senza traccia.
T. W. Adorno, Minima Moralia. Meditazioni della vita offesa, 1954
 
 
 
 
Espaece
 
 
 
 
Cosa dobbiamo aspettarci da "Espaece"?
«Lo spettacolo è una sovrapposizione — proprio come la parola "espaece" (spazio+specie) — di cose che non stanno bene insieme: il canto lirico che si sovrappone alla danza che si sovrappone al circo che si sovrappone al vuoto del teatro, che a sua volta è una sovrapposizione, nel senso che noi continuiamo a scrivere sulle tracce di spettacoli precedenti. Nel teatro si rifà, si ri-costruisce, si ri-presenta. E si dimentica. È un'arte viva, e come tale è destinata a morire, a rinascere e rigenerarsi — a ri-scrivere sulle orme del passato. Espaece è uno spettacolo sulle tracce; Perec ha cercato nella scrittura tutte le tracce della sua storia, di sua madre e dei parenti scomparsi a Auschwitz quando aveva cinque anni. È stata quella la ragione per cui è diventato scrittore. Scrivere è far sopravvivere qualcosa, vincere la morte, sconfiggere il tempo. Volevo applicare il vuoto interiore di Perec, causato dell'assenza della madre, allo spazio scenico. All'inizio proietto sul muro una frase, riprendendo fisicamente il libro: "Vivere è passare da uno spazio all'altro cercando il più possibile di non farsi male”».
 
 
 

 

 
MATERIALI DIDATTICI
 
Dalla farina, alla colla, alla schiuma da barba, al respiro e soffio catturati in un vasetto di vetro trasparente: bambini e bambine scoprono le tracce del loro corpo e della loro presenza, del loro esserci. E ancora: l’esplorazione di un museo attraverso indizi e assaggi, utilizzando la metafora del libro e della sua organizzazione; le tracce disseminate lungo un sentiero naturalistico e la ricerca di quelle lasciate dalle antiche civiltà presenti nel nostro territorio. O l'archivio storico per rin-tracciare le storie di nobili, servi e contadini riportati in vita nella ricostruzione ed interpretazione da ragazze e ragazzi o le danze popolari come tracce che veicolano la memoria collettiva di un modo vivere nei secoli scorsi. Fino alla ricostruzione di un’antica chiesa oggi luogo di ritrovo comunitario di tutto il paese.
Questi i percorsi e le attività documentate nella sezione dei materiali didattici: essi danno conto di quanto avvincente, ricco e  affascinante possa essere andare per tracce.
Anche a scuola.
 
 
Scuola dell'infanzia
 
 
Progetto SEGNI E TRACCE
 
Con i bambini e le bambine dei tre, quattro e cinque anni abbiamo progettato e realizzato un laboratorio che ha riguardato i segni e le tracce.
I bambini hanno sperimentato l’uso di vari materiali quali: la farina, la colla, i colori, la schiuma da barba e altro ancora per far sì che scoprissero le tracce che loro stessi erano in grado di lasciare.
Attraverso le impronte emerse, i segni tracciati, i punti e le linee hanno potuto sperimentare il loro esserci in uno spazio ben definito.
Nel nostro lavoro ci siamo ispirate da un lato ai testi di R. Pittarello, dall’altro abbiamo preso spunto da alcuni libri del disegnatore e scrittore per bambini Hervet Tullet il quale sostiene che: “I bambini vogliono sapere tutto e non hanno pregiudizi. Essi, più sono piccoli e più sono aperti. Tutto è comprensibile ed è in grado di comunicare per loro con un vasto repertorio di strumenti. Tutto quello che dovete fare è mostrare qualcosa, per farla diventare l’inizio di una nuova cosa.”
 
Scuola dell’Infanzia "Malaguzzi", Martellago. A.s. 2016-2017

 

 

Scuola primaria
 
 
Dalle impronte alle fonti: percorsi di tracce
 
Partendo dalle tracce che bambini e bambine lasciano con le loro mani, passando ad altri segni  e impronte lasciate da oggetti diversi: un primo itinerario di didattica delle fonti per avviare la classe alla costruzione di abilità e competenze necessarie nei processi di ricostruzione storica.
 
 
Scuola elementare “Collodi”, Suzzara (MN),  Classe 1, a.s. 2003-04.
Inss. G.Barbieri, E. Manfredotti
 
 
 
 

 

 
 
 
MuseoLibro
 
Un progetto pluriennale finalizzato alla scoperta/conoscenza graduale del Museo Nazionale Archeologico di Altino paragonato ad un libro di cui si sfogliano inizialmente le pagine per curiosare, per sbirciarne le immagini, i titoli delle storie o dei capitoli.
Allo stesso modo il museo presenta aspetti che incuriosiscono e invitano ad approfondire: l’entrata, le vetrine, gli oggetti/reperto…
Ma tutto prende il via da tracce, indizi, “assaggi” che stimolano, attirano, intrigano e infine conducono alla scoperta. 
 
I.C. Spinea 1 (VE), Scuola primaria, cl. 2, a.s. 2015-16
Inss. M.G. Cavallaro, D. Saccoman e G. Bosmin
 
 
 
 

 
 
 
 
Martellago, un paese che cambia
 
Il presente percorso, pur nella sua brevità, ha avuto lo scopo di far conoscere ai bambini il loro paese, per capire i cambiamenti avvenuti nel tempo.
È stata fatta un’uscita sul territorio, fotografati alcuni monumenti, la Chiesa e osservato come sono oggi questi luoghi.
Aiutati da immagini e dai ricordi della maestra si è passati ad un confronto tra oggi e ieri.
Ritornati in classe sulla linea del tempo sono state riportate le foto e le informazioni.
I bambini hanno potuto capire che con il trascorrere del tempo non solo le persone cambiano, ma anche i luoghi, le case e i monumenti.
 
 
 
IC C. "Goldoni" Martellago (VE), Scuola primaria, cl 3 D, a.s. 2016-'17
Ins. B. Anoè
 
 
 
Dalle tracce del territorio alla storia generale
 
I bambini/e quando scoprono le tracce nel loro territorio alimentano motivazione e curiosità e imparano guardare in modo diverso, meno superficiale l’ambiente in cui vivono.
Cominciano a dare significato e valore al loro contesto spaziale.
Lavorare con gli oggetti è più facile e attraente per i ragazzi/e, specialmente per quelli più fragili, perché fanno esperienza e apprendono concretamente abilità e procedure che poi applicheranno in altre pratiche scolastiche.
Cominciano a fare domande, a problematizzare, a trovare informazioni, fanno delle ipotesi se non sono sicuri…
Si abituano a vedere gli oggetti non solo con gli occhi ma anche con la testa perché li utilizzano per capire il messaggio che portano: aspetti della vita quotidiana, attività, commercio, abitazioni.
Riconoscere, leggere le tracce locali e contestualizzarle nel tempo e nello spazio vuol dire possedere la chiave per dare senso alla storia generale, avere uno strumento per generalizzare e aprire la mente a continui rimandi alle esperienze di ricerca, costruendo una rete tra le molteplici conoscenze elaborate.
 
 
 
Lungo il sentiero, traccia dopo traccia
 
 
I.C. "Betty Pierrazzo", Noale, Scuola primaria
cl. 4, a.s. 2016-'17, Ins. E. Beda
 
 
 
 
 
 
I Romani sono stati nel nostro territorio?
 
Dalle curiosità al recupero di tracce
 
I.C. "Betty Pierrazzo", Noale, Scuola primaria
cl. 5, a.s. 2016-'17, Inss. N. Bertolin, S. Gola, F. Libralato, O. Muffato
 
 
 
 
Scuola secondaria
 
 
 
La villeggiatura del N.H.Antonio Grimani
 
che ai "Boschi" di Martellago possiede una casa dominicale ...
 

 
Il percorso proposto è stato svolto dalla classe II A della scuola secondaria C.Goldoni di Martellago.
È risultato vincitore del concorso “Tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio artistico e culturale del Veneto” nell’anno 2016-2017.
Sulle tracce del nostro passato: a Martellago singolari rilevamenti da parte dei ragazzi della scuola media ...
  • Rintracciati nell'Archivio storico comunale preziosi documenti
  • Affiorati personaggi e ruoli: nobildonne, nobiluomini, servette, maggiordomi, fattori, mugnai e contadini ...
  • Rievocato Carlo Goldoni ne "Le smanie della villeggiatura"
  • Riscoperti luoghi ed ambienti degli ultimi patrizi veneziani in Villa Grimani - Ca' Della Nave
  • Apprezzati inediti attori di storie dimenticate ...
Da non perdere: "La villeggiatura del N.H.Antonio Grimani che ai "Boschi" di Martellago possiede una casa dominicale ..."
 
I.C. Martellago (VE), Scuola secondaria "Goldoni",
cl 2 A, a.s. 2016-'17, inss. R. Bellia, A. Pagan
 
 
 
 
 
 
 
Nove, disnove, quarantatrè. Pulka, Mazurka e valsivien…
 
 
 
 
Il video Nove, disnove, quarantatrè. Pulka, Mazurka e valsivien… viaggio attraverso le danze tradizionali venete, proposto dalla classe 2° della scuola secondaria Goldoni di Martellago, è risultato vincitore del concorso "Tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio artistico e culturale del Veneto" (2014-15). In esso la danza tradizionale, intesa come traccia, si configura come uno strumento e un’occasione per scoprire, ed esperire, la storia del territorio veneto.
Fondamentale è stata la collaborazione con Comune e Pro Loco, che hanno permesso di realizzare il video e di usufruire della barchessa della villa Grimani, “Ca’ della Nave”, rinforzando in questo modo il senso di appartenenza a una comunità.
I.C. Martellago (VE), Scuola secondaria "Goldoni",
cl 2 A, a.s. 2014-'15, inss. R. Bellia, A. Pagan
 
 
Si propongono qui alcuni estratti del lavoro che è possibile visionare integralmente nel seguente video: 
 
 
 
 
 
La Sala Pax restaurata
 
 
 
Quella che oggi è chiamata Sala Pax è la precedente chiesa del paese, che non è stata demolita dopo la costruzione di quella nuova, ma è diventata un luogo di ritrovo comunitario riconosciuto dal paese, in essa si svolgono assemblee, incontri, concerti, feste. La sua riapertura, dopo un restauro durato alcuni anni, ha fornito l'occasione per progettare un laboratorio per gli alunni della sezione a tempo prolungato della scuola secondaria.
Le attività hanno riguardato sostanzialmente tre argomenti, e di seguito se ne tratteranno solo alcune che sono sembrate più significative.
  • Dallo spazio comunitario allo spazio fisico e allo spazio storico.
  • Le tracce: filo di Arianna di un vissuto storico.
  • Il restauro e il riutilizzo.
I.C. Peseggia (VE), Scuola secondaria "Martini",
Laboratorio di storia locale, a.s. 2016-'17, ins. S. Ramelli
 
 
 
 
Prima dell'alfabeto, alle origini della scrittura
 
Venezia, Palazzo Loredan, 20 gennaio 2017/ 25 aprile 2017 dalla Collezione Giancarlo Ligabue.
 
Giancarlo Ligabue, esperto e appassionato raccoglitore di tracce di antichità mesopotamiche “…sapeva accostare segni e simboli che sembravano, nelle sue narrazioni, risvegliarsi da millenari torpori per tornare a dialogare con noi umani.”  (Adriano Favaro)
 
In primavera la Rete delle GeoStorie a scala locale ha organizzato per le docenti una visita alla Mostra “Segni. Prima dell’alfabeto” a Venezia.
Per la prima volta vedevo esposte una così una grande quantità di segni, simboli pittografici, cunei, figure di persone, animali, piante nelle tavolette d’argilla e nei sigilli di oltre 4000 anni.
Segni che ci avrebbero portato all’alfabeto.
Emozione e meraviglia nello stesso tempo perché come diceva Giancarlo Ligabue “quel tempo, dove i pensieri diventano disegni, poi segni, e simboli fu la grande via di Damasco dell’umanità”.
Nella ricerca del significato di un segno, di una figura ho intrecciato con l’aiuto della guida e delle didascalie un filo diretto con civiltà lontane. Ho scoperto poi che sono, sotto certi aspetti, molto “contemporanee” : il bisogno di comunicare, la necessità di sintetizzare il messaggio, l’uso di immagini e simboli. Ieri come oggi.
Noi usiamo i twitter, loro le tavolette, noi abbiamo i logo per identificare marchi, prodotti, loro i simboli per le divinità, il potere, gli atti amministrativi.
Ecco la sorpresa di quel giorno: quelle le tracce antiche erano anche moderne.
Marialina Bellato
 
 
 

 

 

L'INTERVISTA

 

Traccia.
È la parola sulla quale ci piacerebbe ragionare in questa newsletter.
E sulla traccia delle tracce crediamo sia possibile in-seguire cose, animali, piante, persone, pensieri, emozioni, sogni. Storie.
Tutte quelle che le tracce ci consentono di raccontare.
Abbiamo chiesto ad un'archeologa, a uno storico e a un artista di raccontarci la traccia, le tracce dal loro personale specifico punto di vista.
 
 
 
Particolare della decorazione del pavimento a mosaico del triclinio della villa rustica di Villa Rinaldi-Ortica di Posmon tratto da P. Manessi, Montebelluna romana: la villa rustica di Posmon, in “La Loggia di Montebelluna", 1989.
 

Patrizia Manessi, archeologa

  1. Cosa si può intendere con la parola “traccia/tracce” nella ricerca archeologica?
 
La prima cosa cui tutti noi pensiamo quando parliamo di tracce nella ricerca archeologica sono i manufatti, cioè gli oggetti, i resti di edifici, di monumenti o costruzioni civili, religiose, funerarie che si rinvengono più o meno casualmente nel sottosuolo e che documentano la storia del luogo in cui si trovano. Ma certamente la questione in ambito archeologico è un po’ più complessa.
 

 

Matteo Melchiorre, storico

 

  1. Cosa si può intendere con la parola “traccia /tracce” nella ricerca storica?

 

Direi che si possono intendere molte cose, ma fondamentalmente i residui scritti di epoche trascorse capaci di innescare spunti analitici e/o narrativi. Contano le tracce più che la traccia. Una sola traccia non basta. Sarebbe come pretendere di conoscere un bosco a partire da un albero, una persona a partire da un’impronta digitale. Serve un sistema di tracce, da mettere in relazione una con l’altra. A questo proposito bisogna (bisognerebbe) guardarsi dal cadere nel gioco vanitoso della fantasia. La traccia va rispettata e lasciata essere traccia: di per sé evanescente, incerta, scivolosa.
 

 

Roberto Pittarello, artista

 

  1. Cosa si può intendere con la parola “traccia /tracce” nella ricerca espressiva ed artistica in generale?

 

Traccia-tracce-segno è metafora, ciò che di sè ciascuno lascia col suo agire fisico e interiore. Nell'individuo comune nel suo fare quotidiano, nella ricerca di esprimere se stesso in senso espressivo e/o artistico, nel trovare quel nesso tecnico legato al materiale che meglio veicola l'essenza interiore.