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Memoria NL n.° 12


Memoria
 
 
                     1. La griglia emisferica che protegge lo spioncino                   2. Ricostruzione della griglia in The Evidence Room 
                     sul lato interno di una porta a tenuta di gas
                     trovata nel 1945 in ARCHIVIO Auschwitz-Birkenau.
 
                 Altre informazioni
 
Ecco che succede col vivere all'indietro, - disse gentilmente la Regina: - in principio uno si sente un po' di vertigine.
- Vivere all'indietro! - ripete Alice nel massimo stupore, - non ho mai sentito una cosa simile!
- ... ma v'è un gran vantaggio: che la memoria lavora in tutti e due i sensi.
- Io son certa che la mia lavora in un senso solo, - osservò Alice. - Non può ricordare le cose prima che accadano.
- Che miserabile razza di memoria quella che lavora solo all'indietro! - osservò la Regina. –
 
Lewis Carroll, Attraverso lo specchio
 
Abbiamo bisogno di una memoria che sappia guardare non solo all’indietro, ma ci aiuti a vivere la nostra responsabilità nel presente e a guardare avanti, verso il futuro.
Anche nel giorno della memoria. Soprattutto nel giorno della memoria.
 
 
Continuo a dimenticare
 
Continuo a dimenticare
i fatti e le statistiche
ed ogni volta
ho bisogno di saperli
cerco nei libri
questi libri occupano
venti scaffali
nella mia stanza
so dove andare
per confermare il fatto
che nel Ghetto di Varsavia
c’erano 7,2 persone per stanza
e che a Lodz
destinavano
5,8 persone
ad ogni stanza
dimentico
continuamente
che un terzo di Varsavia
era ebreo
e che nel ghetto
stiparono 500.000 ebrei
nel 2,4 per cento
dell’area della città
 
 
e quanti
corpi bruciavano
ad Auschwitz
all’apice della produzione
ventimila al giorno
devo controllare
e ricontrollare
ed ho sognato
che il 19 gennaio alle 4 del pomeriggio
58.000 carcerati emaciati
furono fatti marciare fuori da Auschwitz?
ricordavo bene che a Bergen-Belsen
dal 4 al 13 aprile 1945
arrivarono 28.000 ebrei da altri campi?
Ricordo centinaia e centinaia
di numeri telefonici numeri
che non chiamo da vent’anni
sono immediatamente disponibili
e ricordo le conversazioni delle persone
e quel che la moglie di qualcuno
ha detto al marito di qualcun’altra
che buona memoria hai
mi dice la gente.
    Lily Brett (1986)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

 

 
 
 
 
 
 
 
La notte
 
Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata.
Mai dimenticherò quel fumo.
Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto.
Mai dimenticherò quelle fiamme che consumarono per sempre la mia Fede.
Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l’eternità il desiderio di vivere.
Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio e la mia anima, e i miei sogni, che presero il volto del deserto.
Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai.
 
Elie Wiesel, La notte

 

 
Hurbinek
 
 
 
Hurbinek era un nulla, un figlio della morte, un figlio di Auschwitz.
Dimostrava tre anni circa, nessuno sapeva niente di lui, non sapeva parlare e non aveva nome: quel curioso nome, Hurbinek, gli era stato assegnato da noi, forse da una delle donne, che aveva interpretato con quelle sillabe una delle voci inarticolate che il piccolo ogni tanto emetteva. Era paralizzato dalle reni in giú, aveva le gambe atrofiche, sottili come stecchi; ma i suoi occhi, persi nel viso triangolare e smunto, saettavano terribilmente vivi, pieni di richiesta, di asserzione, della volontà di scatenarsi, di rompere la tomba del mutismo. La parola che gli mancava, che nessuno si era curato di insegnargli, il bisogno della parola, premeva nel suo sguardo con urgenza esplosiva: era uno sguardo selvaggio e umano ad un tempo, anzi maturo e giudice, che nessuno fra noi sapeva sostenere, tanto era carico di forza e di pena.
 Nessuno, salvo Henek: era il mio vicino di letto, un robusto e florido ragazzo ungherese di quindici anni. Henek passava accanto alla cuccia di Hurbinek metà delle sue giornate. Era materno piú che paterno: è assai probabile che, se quella nostra precaria convivenza si fosse protratta al di là di un mese, da Henek Hurbinek avrebbe imparato a parlare...
 
Primo Levi, La tregua
 
 
Il diario di Dawid Rubinowicz
 
 
1" novembre. Oggi a Kielce hanno messo dei manifesti che dicono che chi entra o esce dal quartiere ebraico sarà punito con la pena di morte. Perché finora, invece, ancora si poteva entrare e uscire. Mi ha rattristato molto questa notizia, non solo a me, ma a tutti gli Israeliti che l'hanno sentita. Quei manifesti sono stati messi non soltanto a Kielce, ma anche in tutte le città del Governatorato Generale (come si chiama adesso questa parte dell' ex Polonia).
 
 
Dawid Rubinowicz, Il diario di David Rubinowicz
 
 
 
Diario di Anne Frank
 

Martedì, 11 aprile 1944
Dobbiamo ricordarci che siamo dei clandestini, che siamo ebrei incatenati, incatenati in un determinato posto, senza diritti ma con mille doveri. Noi ebrei non possiamo far valere i nostri sentimenti, dobbiamo essere forti e coraggiosi, dobbiamo addossarci tutte le scomodità e non mormorare, dobbiamo fare ciò che possiamo e fidare in Dio. Questa maledetta guerra dovrà pure finire, e allora saremo di nuovo uomini, e non soltanto ebrei.
 
Giovedi, 6 luglio 1944
Quanto sarebbero buoni gli uomini, se ogni sera prima di addormentarsi, rievocassero gli avvenimenti della giornata e riflettessero a ciò che v'è stato di buono e di cattivo nella loro condotta!
 
Sabato, 15 luglio 1944
È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili.
Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell'intima bontà dell'uomo.
 
Anne Frank, Diario
 
 
 
 
Maus
 
       
 
 
 

Dovunque io muoia…

 
Clermont-Ferrand, 18 marzo 1941
Dovunque io muoia, in Francia o in terra straniera, e in qualsiasi momento ciò accada, lascio alla mia cara moglie o in sua mancanza ai miei figli la cura di provvedere ai miei funerali, come riterranno opportuno. Saranno funerali puramente civili: i miei cari sanno che non ne avrei voluti di diversi. Ma spero che quel giorno - nella camera ardente o al cimitero - un amico voglia dar lettura di queste poche parole:
Non ho chiesto che sulla mia tomba si recitassero le preghiere ebraiche la cui cadenza, purtuttavia, accompagnò all'ultimo riposo tanti miei antenati e il mio stesso padre. Per tutta la vita, come meglio ho potuto, ho teso a una totale sincerità d'espressione e di spirito. Ritengo la compiacenza alla menzogna, qualunque sia il pretesto che essa accampi, la peggior lebbra dell'animo. Come qualcuno tanto più grande di me, desidererei che la mia tomba, quale unico motto, portasse incise queste semplici parole: Dilexit veritatem.
 
Marc Bloch, La strana disfatta. Testimonianza del 1940
 
 
 
Dora Bruder
 
 
Ci vuole tempo per riportare alla luce ciò che è stato cancellato.  Sussistono tracce in alcuni registri e si ignorano dove siano nascosti, quali custodi veglino su di essi e se quei custodi accetteranno di mostrarli. Può anche darsi che ne abbiano semplicemente dimenticato l’esistenza.
Basta un po’ di pazienza.
Così, ho finito col sapere che Dora Bruder e i suoi genitori abitavano già nell'albergo di boulevard Ornano negli anni 1937 e 1938. Occupavano una stanza con cucina al quinto piano, laddove un balcone di ferro corre attorno ai due stabili. Una decina di finestre, a quel quinto piano. Due o tre danno sul viale; le altre sul fondo di rue Hermel e, sul retro, su rue du Simplon.
Quel giorno di maggio del 1996 in cui sono tornato nel quartiere, le imposte arrugginite delle prime due finestre del quinto piano che davano su  rue du Simplon erano chiuse, e davanti a quelle finestre, sul balcone, ho notato una catasta di oggetti bizzarri che sembravano abbandonati lì da tempo.
 
 
Con queste parole lo scrittore francese Patrick Modiano introduce la sua indagine su Dora Bruder, una ragazza di quindici anni in cui si imbatte cinquant’anni dopo attraverso la lettura casuale di un annuncio sul giornale Paris soir del 31 dicembre 1941 che segnala la  sua scomparsa.
Il racconto è in qualche modo il diario di questa  ricerca che porterà Modiano  a  ricostruire la storia di Dora fino alla deportazione  ad Auschwitz assieme al padre.  Il libro come dice Pietro Citati nasce da uno scacco: si muove nel vuoto, si agita nel vuoto, attraversa il vuoto, interroga il vuoto, viene deluso dal vuoto.

 

 
 
Auschwitz, città tranquilla
 
 
Può stupire che in Lager uno degli stati d'animo più frequenti fosse la curiosità. Eppure eravamo, oltre che spaventati, umiliati e disperati, anche curiosi: affamati di pane e anche di capire.
 
 
Primo Levi, L'ultimo Natale di guerra
 
 
I caduti della II Guerra Mondiale
The fallen of World War II
 
 
 
 
Una video-linea del tempo animata che mostra, in modo davvero chiaro per la sua essenzialità grafica, l'andamento dei numeri dei civili e dei militari caduti in tutti i luoghi di conflitto, nel corso della Seconda Guerra Mondiale. A partire dal minuto 07:35 si possono vedere i dati relativi alla popolazione ebraica e a tutti gli altri gruppi perseguitati dai nazisti.
Diciotto minuti commentati ed alternati da foto d'epoca in cui l'autore, Neil Halloran, mostra a livello mondiale dove siano distribuiti i 70 milioni di caduti.
Interessantissimo il confronto con i più grandi conflitti della storia a partire dai tempi dall'Impero Romano dove i numeri apparentemente più bassi fanno i conti con la proporzione della popolazione dell'epoca. Allo stesso modo l'animazione mostra come ciò che viene definito "periodo di lunga pace" sia, in realtà, ancora tempo di guerra e di conflitti sparsi in più luoghi del mondo. Il video è aggiornato ai dati del 2010.
Benché in lingua inglese è di facile comprensione. Ottimo strumento didattico da usare in classe.
 
 
 
   
 
MATERIALI DIDATTICI
 
R. Van Der Zee, La Storia di EriKa
 
Perché parlare ancora di Shoah dopo oltre settant'anni? Perché a bambine e bambini, ragazze e ragazzi così giovani? Per conoscere o per respingere quella barbarie?
Chi non conosce non può dire né "sì" né "no".
I materiali di questa sezione ci raccontano alunne e alunni che hanno cominciato a conoscere o hanno capito cosa è stata la Shoah. Si sono posti delle domande ed hanno cercato le risposte. Hanno imparato a riflettere sul valore e la necessità della memoria senza la quale nessun "perché" del passato può trovare risposta e neppure rendere più intelligibili alcuni "perché" del presente.
 
 
MEMORIA
E GIORNATA DELLA MEMORIA
 Un percorso didattico per iniziare a conoscere cos'è stata la Shoah
tra classe quarta e quinta
 
 
Il percorso didattico in classe quarta
                       
Nella didattica di questi anni è giocoforza lavorare sempre più alla costruzione di un sapere che renda la conoscenza e l’esperienza un fatto unitario o, quanto meno, in grado di collegare e trovare relazioni tra di esse. Non ultimo si pone il problema di riuscire a mantenere alto il livello dell’interesse facendo leva anche sul valore emotivo e sull’empatia che l’esperienza e/o la conoscenza possono stimolare.
La Shoah è, indubbiamente, un tema ad alto impatto emotivo e alla scuola primaria va trattato con molta cautela. Ma non va evitato, a mio avviso.
 
 
La narrazione storica
 
Nella ricorrenza del Giorno della Memoria (classe quarta) ho letto alle due classi il libro di Ruh Vander Zee ”La  storia di Erika”, illustrato in modo magistrale da Roberto Innocenti ed edito da La Margherita.
La storia di Erika è un racconto che si rifà ad una storia vera, a quanto dichiara l’autrice. Ogni volta che lo leggo ai miei alunni mi emoziono e vedo che ciò accade anche a molti di loro. La forza della storia di Erika...
 
 
Riflettere e problematizzare
 
 
La consegna didattica: Dopo aver ascoltato “La storia di Erika” scrivi il tuo commento a questa storia. Poi scrivi tutte le domande che questo racconto e le vicende sulle deportazioni ti fanno venire in mente.
Ecco alcune delle loro riflessioni.
 
Sara
Per me questa storia è triste perché parla di brutti momenti come quando caricano gli Ebrei sui treni per portarli ai campi di concentramento. Ma è anche bella perché i genitori di Erika, con la speranza che trovasse un futuro migliore, la lanciarono dal treno. È bello anche che la signora, pur non sapendo se facesse parte di una famiglia Ebrea o Tedesca, la prese con sé e le scelse un nome, l’accudì, cercò di capire qual era la sua età, la protesse e decise un giorno per il suo compleanno.
 
Umberto
Per me la storia di Erika è una storia triste che racconta le vicende di persone che hanno sofferto molto per colpa di Hitler.
Ho trovato molto bello che le persone di questa storia anche nelle difficoltà e nel dolore si sono aiutate gettando Erika dal treno.
Sono felice di aver ascoltato che alla fine Erika si è salvata, si è sposata ed ha avuto tre figli.
 
 
Le domande
 
 
Nonostante alcune spiegazioni date prima di leggere il libro “La storia di Erika” e la lunga discussione per scoprire quali pre-conoscenze possedessero già (date da bisnonni, nonni, genitori, tv, web) i bambini hanno posto numerosissime domande. Come quelle che seguono.
 
  • Come si sarà sentita la mamma di Erika?
  • Come si sarà sentita Erika?
  • E perché la donna prese Erika anche sapendo che rischiava?
  • La avranno baciata i suoi genitori prima di buttarla fuori dal treno?
  • I genitori di Erika hanno sofferto tanto nel campo di concentramento?
  • Perché non sono restati dov'erano invece di prendere quel treno?
  • Perché nessuno li ha aiutati?
  • Perché i bambini non potevano vivere e non andare nel campo di concentramento?
  • Perché proprio gli Ebrei?
 
In classe quinta riprendiamo…
 
In classe quinta riprendiamo i ragionamenti e le riflessioni partendo da alcuni brani tratti da testimonianze e testi di narrazione storica verosimili. Si tratta di libri che appartengono alla biblioteca da molti anni e che più volte ho usato per trarne riflessioni da condividere con i miei alunni. Ritengo che, benché datati, rappresentino ancora un ottimo supporto al percorso che sto costruendo.
 
I brani
 
8 luglio 1942, dal Diario di Anne Frank (La fuga verso il nascondiglio)
10 maggio 1938, di Frediano Sessi da Ultima fermata Auschwitz, Einaudi (L’applicazione delle leggi razziali in Italia: i primi provvedimenti a scuola)
Il maestro, di Hans Peter Richter, Si chiamava Friedrich, Mondadori (Il racconto di come è nata la diaspora ebraica)
 
Il seguito del percorso didattico
 
 
Le prossime attività saranno di tipo laboratoriale e informativo, ma anche formativo.
L’obiettivo che deve essere raggiunto è la conoscenza schematica e semplificata (ma storicamente corretta) dello sterminio durante la seconda guerra mondiale per dare, finalmente, risposte plausibili alle loro importantissime domande.
 
Allo stesso tempo è altrettanto importante mantenere chiaro il collegamento tra la geostoria e la lingua italiana, l’educazione all’immagine per tutti quegli obiettivi che non espliciterò in questa sede. È, inoltre, in programma la visita al Ghetto ebraico di Venezia...
 
I.C. Carbonera, Scuola Primaria "De Amicis",
classi 5 A e 5 B, ins. Luisa Bordin
 

Mi racconti
 
 
Dalle testimonianze orali di alcuni sopravvissuti alla scrittura e all'illustrazione dei loro racconti affidata alle classi quinte delle scuole primarie di Spinea. Dei sei di allora ne è rimasta una sola: Olga Neerman. Per non dimenticare.
 
 

 
 
 
 
Un depliant per ricordare il Giorno della Memoria
 

Un esempio di depliant-scheda didattica di analisi e riflessione sul film "L'amico ritrovato" di Jerry Schatzberg (1989) ispirato all'omonimo romanzo di Fred Uhlman realizzato dai docenti dell'I.C. di Breda di Piave per introdurre i ragazzi al Giorno della Memoria.
 
 
 
Per il Giorno della Memoria. Le recensioni di ragazze e ragazzi
 
 
27 GENNAIO: “IL GIORNO DELLA MEMORIA”
Commento al film “L’Isola in Via degli Uccelli”
La recensione di un film per il giornalino scolastico
 
Il giorno 27 gennaio è chiamato il “Giorno della Memoria” per ricordare la Shoah, ovvero la persecuzione e lo sterminio del popolo ebraico da parte dei nazisti.
È passato già molto tempo dal 1945, anno della liberazione dei sopravvissuti nel campo di concentramento di Auschwitz da parte degli Alleati e, nonostante ci siano ancora dei superstiti che testimoniano, ancora qualcuno si ostina a negare che tutto ciò sia accaduto realmente durante la II Guerra Mondiale...
 
 
 
La scuola s'interroga su quali possano essere dei "compiti autentici" da far svolgere ai propri allievi: la recensione di libri, ad esempio.
 
 

                           

   
clicca sulle copertine e leggi le recensioni
 

 

Booktrailer

Un altro "compito autentico" che incrocia lettura, scrittura, immagini, fotografia, musica, progettazione, tecnologie digitali e creatività è il booktrailer. Un modo diverso, ma altrettanto efficace, per avvicinare i ragazzi alla lettura.

 

Roberto Innocenti, Rosa bianca    

Puoi scaricare il video per la visione offline da qui.

 

Eric-Emmanuel Schmitt, Il bambino di Noè   

Puoi scaricare il video per la visione offline da qui.

 

Anne Frank, Diario   

Puoi scaricare il video per la visione offline da qui.

 

Fred Uhlman, L'amico ritrovato   

Puoi scaricare il video per la visione offline da qui.

 

David Safier, I ragazzi del ghetto  

Puoi scaricare il video per la visione offline da qui.

 

I.C Breda di Piave (TV), Scuola Secondaria di 1° grado,
classi 3 A, 3 B, 3 C inss. Daniela Marangon, Loredana Nisi e Bruna Scodeller
 
 
 
 
Shoah e dintorni
 
Materiali e schede didattiche
 
 
Lo scorso anno abbiamo trattato nella mia terza il tema dell’Olocausto e della discriminazione operata dai movimenti nazifascisti secondo una triplice modalità:
 
  1. Prima conoscenza del tema e di testimonianze classiche seguendo il manuale di Storia e l’Antologia di italiano.
  2. Lavoro svolto in seguito alla visione del Docufilm: “Con i messaggi tra i capelli - ragazze della Resistenza trevigiana", prodotto dall'associazione rEsistenze” (2016) ai quali è poi seguito l’incontro con le testimoni della realizzazione del filmato incontrate il giorno 8 marzo a scuola.
  3. Visione del film “The Great Dictator” di Chaplin (1940).
  4. Analisi, tramite scheda, di filmati relativi alla propaganda nazifascista.
  5. Visita al ghetto di Venezia dopo una lettura che allego (la visita al ghetto è stata solo però di passaggio, ritornando dalla Fondazione Guggenheim, ancora a ottobre).
 
 
 
  • Dopo la visione del film Il Grande Dittatore di Charlie Chaplin, 1940, il discorso finale
I'm sorry, but I don't want to be an Emperor - that's not my business. I don't want to rule or conquer anyone. I should like to help everyone, if possible -- Jew, gentile, black man, white. We all want to help one another; human beings are like that. We want to live by each other's happiness, not by each other's misery. We don't want to hate and despise one another. In this world there's room for everyone and the good earth is rich and can provide for everyone.
The way of life can be free and beautiful.
 
 
 
 
 
  • La visita al Ghetto di Venezia.
Prima della visita al Ghetto di Venezia una lettura tratta da Paolo Rumiz per iniziare comprendere il contesto storico.
 
Io sono il Ghetto. A Venezia la città degli Ebrei
di Paolo Rumiz
 
La pattuglia di neri tuffetti sorvola in formazione a "V" il canale di Cannaregio in direzione del tramonto. Dall'altra parte una Luna enorme, gelida, galleggia sui tetti sul lato dell'isola di San Michele. Un vaporetto chiede strada a una gondola e accosta all'imbarcadero delle Guglie con pochi turisti intabarrati. Ma ecco un sotopòrtego quasi invisibile fra una farmacia e una locanda kosher.
Oltre quella soglia, a sinistra, sulla parete di una casa, un'epigrafe con l'editto del 1704 contro la bestemmia degli ebrei fatti cristiani. Subito oltre, cinque sinagoghe disseminate in uno spazio minimo, fra la strada d'accesso e il campo disseminato di coriandoli di Carnevale.
 
I.C. Maserada sul Piave (TV), Scuola Secondaria di 1° grado,
classe 3 B, ins. Anna Amadio
 
 
Altri percorsi didattici già pubblicati nel sito 
 
NL.n.° 6 - Memoria
 
 
 

 

 
L'INTERVISTA
 
Intervista a Olga Neerman
 
a cura di  Gabriella Bosmin  - Ernesto Perillo
(01/12/2016)
 
Il giorno della memoria ci invita ogni anno a ripensare alla tragica vicenda degli ebrei europei perseguitati, deportati e infine sterminati negli anni Quaranta del secolo scorso, assieme alle altre categorie di persone considerate non degne di vivere da parte del nazifascismo e dell’ideologia della supremazia della razza ariana. Compito della scuola è accompagnare ragazzi e ragazze a conoscere quanto è accaduto, a comprenderne contesto, condizioni, “ragioni”, complicità e responsabilità individuali e collettive, accanto alle scelte di chi ha saputo opporsi, per salvare la vita e la dignità umana. Interrogandosi sulle violazioni della vita e della dignità umana nel mondo di oggi.
Le chiediamo attraverso alcune domande di aiutarci in questo percorso.
Grazie
 
D.: Vorremo per prima cosa conoscerla e farla conoscere.
 
OLGA N.: Mi chiamo Olga Neerman, ma ormai per tanti ragazzi sono soltanto “nonna Olga”.   Sono nata nel lontano 1925, perciò come disse il famoso giornalista Enzo Biagi, posso affermare anch’io: “La mia è un generazione che ha visto la fine di tre dittature: il fascismo, il nazismo e il comunismo”. 
 
D.: Possiamo leggere la sua storia (Questa storia la possiamo leggere anche) nel suo libro “Ebrei per caso” (Stamperia Cetid, Mestre-Venezia 2012): un’autobiografia che dall’infanzia parla di lei, della sua famiglia e in generale del periodo tragico della persecuzione ebraica anche in Italia, anche nelle nostre città e paesi. Perché questo titolo?
 
OLGA N.: Forse avrei potuto intitolare il mio libro in modo diverso. Ad esempio  “Tempo dei sogni felici dove sei fuggito?” oppure “E’ lecito insegnare a una ragazzina tredicenne a eludere certe domande?  A tacere la sua vera identità  perfino agli amici?  A mentire anche a chi indossa una veste religiosa?” Forse queste frasi  appaiono più significative, ma  non mi sono sembrate adatte per un libro indirizzato a  dei nipoti ancora piccoli.  “ Ebrei per caso” mi è parso  un titolo appropriato.